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#EduAnthea: la cinquina finalista del Premio Campiello 2019

Come da programma, il 31 maggio è stata svelata La Selezione della Cinquina Finalista del Premio Campiello, di cui Anthea S.p.A. è orgogliosamente partner.
Inizia così ufficialmente il percorso che porterà alla finalissima del ‪14 settembre‬, ma che sarà prima costellato da dodici “Incontri con gli Autori” che copriranno tutto il territorio italiano e che Anthea S.p.A. seguirà a consolidamento di un rapporto che è in essere ormai dal 2015.
Gli incontri saranno aperti al pubblico fino ad esaurimento posti ed avranno inizio nella giornata di ‪martedi 25 giugno‬ a Venezia nel prestigioso scenario del T Fondaco dei Tedeschi per chiudersi ‪il 3 agosto‬ al Teatro Eden di Cortina d’Ampezzo.

 

Questi i cinque scritti scelti dalla Giuria dei Letterati che si contenderanno l’ambitissimo riconoscimento nello scenario de “La Fenice“:

 

Carnaio – Giulio Cavalli

Profondo e crudo.
Così viene descritta l’ultima fatica di Giulio Cavalli, quarantaduenne scrittore milanese.
Il romanzo narra del villaggio di pescatori DF, la cui quotidianità viene sconvolta dall’arrivo di alcuni corpi senza vita portati dalle onde sulla spiaggia.
Un ìcorpo a cui fanno seguito in rapida successione altri quattro, poi ventimila, tutti identici tra loro., tutti accomunati dalla stessa storia e, tristemente, dal medesimo epilogo.
L’intera DF chiederà aiuto allo Stato, ma, non ricevendo risposta, deciderà di arrangiarsi da sola, alla sua maniera.

«Carnaio riflette sul rapporto tra noi e loro. Tra noi, abitanti di un occidente meta e sogno di tanti, e loro, fuggitivi, i disperati che scappano da privazioni e violenze sperando in una vita migliore» –
L’Osservatore Romano
«Giulio Cavalli gioca con il macabro e il grottesco, e immagina, impiegando anche il proprio talento di uomo di teatro, un porto investito da centinaia di migliaia di cadaveri di “stranieri”. Che diventano una risorsa economica» – La Lettura

La vita dispari – Paolo Colagrande

La vita dispari narra la parabola di un ragazzino che vede solo metà del mondo, destinato a diventare un adulto che vive solo a metà.
Così Paolo Colagrande, già vincitore del Campiello Opera Prima nel 2007 e del Premio Campiello Selezione Giuria dei Letterati nel 2015, ha conquistato il pubblico raccontando la storia di Buttarelli, la cui vita è un tragicomico susseguirsi di inciampi e di intuizioni, di vessazioni e di casualità.
Quando il protagonista scompare – e intorno alla sua figura si crea un alone di mistero – non resta che raccogliere, per tentare di fare un po’ di chiarezza o forse per aumentare la confusione, la testimonianza del suo amico nullafacente Gualtieri.

«Il romanzo di Paolo Colagrande fa ruotare intorno al protagonista pettegolezzi, riflessioni intermittenti, buchi e vuoti: il lettore è accompagnato ad assistere alla deriva del racconto stesso, in un gioco di specchi. Perché così è la vita…» – La Lettura
«Un racconto originale, condotto con una scrittura scorrevole, costellata di considerazioni psicologiche e filosofiche, venata di ironia» – Sette

Il gioco di Santa Oca – Laura Pariani

Il romanzo, ambientato nell’autunno del 1652, narra di un affascinante capopopolo, Bonaventura Mangiaterra, diventato ben presto una leggenda tra contadini e poveri, stanchi di subire le angherie dei nobili e dei soldati che razziano i paesi della brughiera lombarda, grazie al suo carisma e alla sua saggezza.
Vent’anni dopo, la cantastorie Pùlvara, ci aiuta a rivivere le gesta eroiche di quegli uomini valorosi in un romanzo che profuma di ribellione e che è rappresentato, quanto mai suggestivamente, dalla figura di una donna coraggiosa, capace di sfidare le convenzioni del proprio tempo.

«Dopo il distopico Di ferro e di acciaio, la Pariani torna a un’epoca già raccontata nel romanzo La spada e la luna, storia di formazione dello scrittore Garcilaso de la Vega soprannominato «El Inca», figlio naturale di un conquistatore spagnolo, e ne La signora dei porci, ambientato nella stessa infeconda e fredda terra di brughiera, nella nebbia odorosa di fatica e stalle. Crea una lingua che non c’è, un italiano popolare imbevuto di accenti antichi e dialetto, proverbi, burocrazia e religione, echi spagnoli e immagini, dà voce a erbére e cavallanti, serve e locandiere, pescatori e cavatori. E intorno a loro costruisce una originale storia di donne forti e anticonformiste che sanno ribellarsi, inseguendo giustizia. e libertà. .» – La Stampa

«Una «lagrimarumvàlle» dimenticata da Dio cui la Pariani dona una lingua che si carica del dolore di quel mondo, ma pure delle sue speranze, che si può recepire nel tono di una addolorata ma insieme affettuosa malinconia.» – La Lettura

Lo stradone – Francesco Pecoraro

Primi anni Venti di questo secolo nella «Città di Dio», decadente metropoli che ricorda in modo chiaro Roma, città eterna.
Un uomo sulla settantina osserva dal settimo piano del proprio palazzo le vicende dello «Stradone»; i tanti personaggi che lo percorrono rappresentano la perfetta incarnazione di tutte le forme del «Ristagno» della nostra società.
Invecchiamento e conformismo, razzismo e sessismo, sopravvivenze popolari e «trentelli» rampanti, barbagli di verità, etnie in conflitto, il fantasma dell’integralismo islamico, la liquefazione di sinistre e destre e della classe media in un unico «Grande Ripieno»: non sfugge niente al narratore che è in grado di restituire meglio di chiunque – con ironia, cinismo, nostalgia, umorismo – il non senso del nostro presente. L’uomo senza norme racconta, inoltre, la propria esistenza di «Novecentesco», aspirante storico dell’arte, funzionario di Ministero, uomo che ha creduto nel comunismo e poi si è fatto socialista e corrotto, con i suoi amori e, oggi, l’ossessione per la vecchiaia, la malattia, la pornografia; e ricostruisce infine con documenti veri o quasi-veri la storia di un quartiere i cui abitanti, operai e proletari, per secoli e fin oltre la metà del Ventesimo, hanno prodotto qui i mattoni di cui è fatta la Città: il quartiere più comunista e antifascista di tutti, forse visitato da Lenin – personaggio inatteso di queste pagine – nel 1908.

«Una penna straordinaria che restituisce un tempo – il secondo 900 – e un luogo – Roma – con lo sguardo unico di chi vede deteriorarsi ciò che ama.» – Helena Janeczek

«Francesco Pecoraro tiene insieme sfere di esistenza che di solito gli scrittori non riescono a tenere insieme, o che non vedono proprio: i destini dei personaggi, la microfisica del quotidiano, la storia politica del presente, la lunga durata dell’evoluzione umana, l’immobilità della natura. La vita dei suoi protagonisti idiosincratici rimanda sempre a piani di realtà ulteriori. In ognuno di questi piani si combatte una lotta per dare forma e significato a un mondo che, di per sé, non ha né forma né significato.» – Guido Mazzoni

Madrigale senza suono – Andrea Tarabbia

Un uomo solo e tormentato, compie un efferato omicidio obbligato dalle convenzioni del suo tempo. Da lì nasce il suo genio artistico.
Gesualdo da Venosa, il celebre principe madrigalista vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento, è il centro attorno a cui ruota questo romanzo gotico e sensuale di Andrea Tarabbia.
Per vendicare l’onore e il tradimento, il principe di Venosa uccide Maria D’Avalos, dopo averla sposata tra pettegolezzi e clamore.
Questa la Storia, alla quale si aggiunge il taglio dato al racconto da Tarabbia che si concentra, invece, nella solitudine del principe, nella sua nostalgia, trascinando il lettore nella mente del genio e dell’assassino.

«Solo la fragilità e il dolore, presi per mano dall’amore ci portano nel punto più profondo del mondo» – Corriere della Sera

«Tarabbia si avvicina a un fatto attirato da un richiamo morale, e lo usa per indagare − senza alcunché di morboso, miracolo − il Male nella e della Storia attraverso la scrittura, in una tradizione che va dai Demoni di Dostoevskij fino a Carrère o Vollmann» – Il Sole 24 Ore

 

Ufficio Stampa

Anthea S.p.A.

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